In questo ultimo “giro di giostra” conto tanti fronti da chiudere e ieri, caro Mario, mi hai colto mentre ero intento a non perdere di vista nulla per arrivare al 31.
Ho 5 anni dinnanzi a me, insieme a questa amministrazione, e non perdo di vista il bisogno di cambiamento che ci ha cosegnato il mandato elettorale. Quello di un carnevale figlio di programmazione, di meno risorse pubbliche, capace di esprimere autenticamente l’estro dei carristi e della cartapesta.
Quando sono arrivato, tanti mi hanno detto: “chi te lo fare? rischi d’abbruciariti”. Non ho mai avuto paura del fuoco né del gran rogo di Carnevale. Semmai quel rogo mi illumina gradualmente su cosa è superfluo e cosa è essenziale. Mi consegna una cosa preziosa: l’esperienza.
A proposito di inferno e di macchine infernali, mi vengono in mente le “città invisibili” di Calvino: “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio.”
Antonio Coniglio (Presidente Fondazione del Carnevale)