Ad Acireale, ebbene si, per la prima volta abbiamo visto uomini di colore senza fazzolettini in mano, senza la mano tesa a chiedere l’elemosina.
In piazza Duomo i fratelli di colore, i richiedenti asilo, quelli che sono protetti dall’ONU e da tutte le carte sui diritti universali dell’Uomo, oggi hanno chiesto diritti. Il diritto ad una esistenza dignitosa, all’accoglienza che si deve a chi è protetto dalle leggi internazionali a chi scappa dai genocidi, dalla guerra, dall’aids, dalla mattanza tribale, dall’ingerenza delle multinazionali. A piazza Duomo, oggi, i fratelli mi urlavano addosso “non è giusto andare a rubare, chiedere l’elemosina ai semafori”. Ed ancora “non è giusto sentire freddo perché non ho da vestirmi”.
Ed io non vedo niente altro che il dolore, la disperazione, l’esasperazione in quei volti. Intorno si avvicinano tanti concittadini incuriositi dallo spettacolo inedito per una città dormiente, paciosa e piena di livore. “Tutti a casa li dobbiamo mandare” è il refrain della piazza”. A casa vorrebbero ritornarci, anzi non volevamo proprio partire, lasciare la loro terra, le loro tradizioni, le madri, le sorelle, le spose.
Ho visto montare la rabbia dei fratelli di colore e rabbia ancora più vivida tra i concittadini. Le forze dell’ordine hanno mediato la situazione con grande capacità, in pochi minuti i fratelli si sono spostati dalla strada per continuare la loro protesta dentro piazza Duomo.
Una protesta inedita che scuote l’Acireale di sempre, quella che sta in silenzio per poi sbottare davanti alla paura “dello straniero”.
Quel pezzo di città che descrive Lolli in un suo magnifico brano. “Vecchia piccola borghesia per piccina che tu sia non so dire se fai più rabbia, pena, schifo o malinconia”.
